giovedì 20 agosto 2015

La guerra nei Balcani - Settima Parte -

La Terza Guerra Mondiale
Settima Parte

22) La comparsa di tutte le forze in campo

"The shell landed four or five metres behind Mesuda Klari and Ismet Klari. Immediately after the explosion Mesuda Klari felt like she was not fully conscious or able to see properly what was going on. When she came to, she found herself sitting on the ground with her husband next to her. He told her, I lost my arm." 
ICTY Processo per crimini di guerra a Dragomir Milosevic, 12 dicembre 2007

Gli anni dal 1992 al 1996 rappresentano il periodo più funesto che la storia moderna europea possa ricordare. Oltre al fronte aperto contro la Repubblica Serba di Bosnia ed Erzegovina, spalleggiata in maniera sempre meno convinta dalla Serbia di Milosevic, si apre quello croato. Anche sul lato croato le forze politico militari periferiche (HVO) sono aiutate strategicamente e militarmente dal centro, ovverosia dalle forze agli ordini di Tujman. C'è da dire che la Croazia è stata riconosciuta ufficialmente come nazione il 15 gennaio 1992 e quindi un suo coinvolgimento (diretto o indiretto) fa diventare il conflitto sul territorio bosniaco un conflitto internazionale.

L'estate del 1995 segna una svolta nello scacchiere internazionale con la cessione delle operazioni strategico politiche agli USA; l'Europa -- divisa tra la posizione filoserba francese e quella filocroata tedesca -- perde ogni possibilità di far pesare il proprio ruolo. In aggiunta a questo la Russia, alle prese con il suo passaggio turbolento da una società con mercato pianificato ad una società completamente liberista, si defila. A farne le spese sono i serbi della Krajna. Senza "appoggio" esterno da Belgrado i serbi sono in balia delle forze nazionaliste croate sempre più forti e preponderanti sui moderati ormai ridotti ad una sterile opposizione interna.

Nelle guerre civili in cui l'odio razziale è prevalente non possono che affermarsi due regole auree. La prima: tra i civili non ci sono vincitori; la seconda: l'odio di questo tipo non conosce limite.

Dopo i musulmani delle zone periferiche della Bosnia orientale, adesso tocca ai serbi della Krajna sperimentare la pulizia etnica. Nonostante la Croazia e le forze musulmane della Bosnia abbiano promesso all'amministrazione americana di Bill Clinton di non utilizzare la forza, si assistono a guerriglie contro i paramilitari (pochi) serbi rimasti, stupri etnici e violenze contro civili. Soprattutto nella zona di Knin la situazione è fuori controllo; tra i serbi anche chi non è toccato in prima persona dalle violenze scappa impaurito; le cittadine vengono date alle fiamme per assicurarsi che comunque gli abitanti non abbiano la possibilità di tornare nelle proprie abitazioni. Questa è appunto la regola della pulizia etnica basata sull'odio razziale: l'odio che ritorna. La vista dei "nemici" che incolonnati lasciano le proprie abitazioni non è altro che un'istantanea fotografica raffigurante il futuro prossimo dei vincitori che rimangono.


L'altra regola sopra menzionata è l'abisso che non conosce limiti quando si continua a propagandare l'odio razziale. Il mercato di Sarajevo viene colpito per ben due volte da colpi di mortaio. Le immagini degli attentati finiscono nelle case degli italiani, degli europei, degli americani, e la titubanza della comunità internazionale non è più scusabile.


[ ATTENZIONE: immagini forti ]


Queste immagini fanno il giro del mondo. Milosevic non riesce più a "tenere" Karadic e Mladic che continuano la "loro guerra etnicaper riconquistare le varie enclave musulmane in Bosnia al confine con la Serbia. A Srebrenica succede l'inconcepibile; i maschi tra i 17 e 70 anni vengono divisi dal resto della popolazione e assassinati con esecuzioni senza nessuna distinzione; sono quasi tutti civili, non si possono mettere in piedi neanche i processi (alcune volte farsa) militari. Un musulmano maschio, una pallottola. Il Tribunale Internazionale è obbligato ad agire. Il 25 luglio Karadzic e Mladic sono formalmente accusati di genocidio e crimini contro l’umanità.

23) Il duplice attentato al mercato di Markale

Il secondo attentato al mercato di Markale -- quello del 28 agosto 1995 -- segna una svolta diplomatica per quanto riguarda gli USA. Da quando le immagini delle guerre balcaniche "invadono" le televisioni di tutta america un simile choc non può che essere decisivo per le sorti delle tre maggiori forze in campo nei Balcani. Non ci sono vere e proprie alleanze tra di loro ma un odio profondo che permette di individuare di volta in volta il nemico più fragile da combattere in modo tale da guadagnare "territorio". Tra le tre forze -- a livello militare -- è senza dubbio messa meglio la Serbia (e i loro alleati serbi di Bosnia) in quanto possiedono il comando della JNA; invece la Croazia ha dalla sua parte una tendenziale (ma non palese) amicizia con la (in parte) cattolica USA in vista di una strategica posizione anti-russa e anti-musulmana. Quelli messi peggio -- sia militarmente che politicamente -- sono i musulmani della Bosnia centrale. L'attentato del mercato a Sarajevo cambia la situazione di Izetbegovic in quanto i serbo-bosniaci si trovano isolati dalla comunità internazionale e, sotto minaccia dei bombardamenti NATO, si trovano "scoperti" su due fronti: dal lato croato a nord, e sul confine orientale con la ARBiH musulmana.

Appena i serbo bosniaci vengono minacciati da un possibile attacco aereo della NATO, Tujdman cerca di approfittarne strategicamente nonostante la diplomazia USA cerchi di anticiparlo facedogli promettere di non procedere militarmente per riconquistare i territori precedentemente conquistati dai serbi.



Per questo motivo, sia subito dopo che durante i processi per crimini di guerra, ci sono stati scambi di accuse tra le due parti interessate -- serbo-bosniaca e bosniaca musulmana -- sulla ricostruzione dell'attentato. Una simile scena di morte -- trasmessa in mondovisione -- non può non decidere le sorti diplomatiche di un conflitto. La parte serbo bosniaca, con Mladic su tutti, nega che il mortaio (in realtà furono cinque colpi) sia stato lanciato dalle postazioni serbe e che è possibile ipotizzare -- ipotesi che Karadic appoggia durante il suo processo, ancora non concluso, per crimini di guerra -- una specie di auto-attentato da parte delle truppe di Izetbegovic per indurre gli USA ad intervenire militarmente (come poi avvenne) contro le postazione militari di Mladic. Questa teoria è stata smentita dalle prove di esperti e tecnici dell'ONU, dell'UNPROFOR e dai consulenti militari indipendenti. Sfortunatamente noi italiani sappiamo quanto possa essere difficile la ricerca della verità quando entrano in gioco interessi vitali, spesso inconfessabili, e quando dentro lo stato si inseriscono personaggi senza nessuna remora come nel caso italiano del periodo stragista o come nel caso di guerre civili senza nessun tipo di ostacolo morale o di codice militare. Comunque, durante il processo a Dragomir Milosevic, comandante dell VRS, il caso viene trattato con sufficiente accuratezza e viene accettata la versione del mortaio 120mm sparato da una postazione serba. La difesa del comandante della VRS ha cercato di provare due differenti versioni dell'accaduto, entrambe ritenute poco plausibili dal Tribunale Internazionale. La prima è il colpo di mortaio sparato da una diversa postazione, diversa da quella accertata dalle analisi dei tecnici; la seconda, considerata ancora meno plausibile della prima, del proiettile appoggiato nelle vicinanze del mercato e poi fatto esplodere in un secondo momento con un apparato modello telecomando a distanza.

24) Uso della forza

Come si è visto, dopo l'attentato al mercato Markale di Sarajevo, la comunità internazionale -- tutta -- pretende una risposta forte, incisiva. La comunità diplomatica europea è senza guida; dà un'impressionante prova di debolezza politica, incredibilmente fuori dalla realtà. Per quanto riguarda la Russia, già si è detto del suo disinteresse dovuto a problemi suoi interni. Rimangono gli USA: Bill Clinton decide di usare la forza militare (il diplomatico americano, Richard Holbrooke, utilizzerà la parola "spazzatura" per definire le precedenti, infruttuose, operazioni di pace nei Balcani), gli alleati europei si accodano. Il 30 agosto 1995 inizia l'operazione NATO "Deliberate Force". I bombardamenti sono pesantissimi; i serbo-bosniaci si ritirano dalle immediate vicinanze di Sarajevo.




La città di Sarajevo e le colline circostanti sono sotto attacco. Mentre avviene questo bombardamento altrove si continua a combattere. Nei dintorni dell'enclave di Srebrenica, ed in generale su tutto il confine serbo bosniaco, i civili vengono deportati e uccisi, non solo i musulmani maschi... ogni uomo o donna, civile o no, nelle parti più pericolose della Bosnia Erzegovina (e cioè quella occidentale al confine con la Croazia e quella orientale confinante con la Serbia) rischia di subire violenza fisica o essere torturato quando non ucciso. La speranza è che l'uso delle forza da parte della NATO porti i contendenti ad accordarsi per una pace duratura e non un passeggero e instabile "cessate il fuoco".

Si formano due schieramenti all'interno delle forze bosniache. La Repubblica Serba e la JNA con a capo Milosevic, alleati con il Montenegro di Bulatovic da una parte -- la parte meno oltranzista, se così si può dire -- e dall'altra La Republika Srpska Krajina (Repubblica Serbo Bosniaca) con a capo Karadic e Mladic, quest'ultimi decisi a combattere fino alla fine.



I serbo bosniaci si trovano isolati, senza l'appoggio della JNA (almeno non ufficiale e pieno) e con Milosevic che si accorge di non poter più contrastare l'estremismo politico della fazione delle VRS serbo bosniache. 

25) L'isolamento di Karadic e Mladic

A livello internazionale ormai le scelte e gli incontri vengono fatti direttamente dall'ambasciatore americano Richard Holbrooke, con le nazioni europee che stanno a guardare. L'ostacolo maggiore in questo momento è dovuto al fatto che i negoziati -- da parte della comunità internazionale -- possono essere fatti solo con Milosevic e Bulatovic, essendo Karadic e Mladic accusati di crimini di guerra e quindi non consultabili diplomaticamente. Si arriva allo stallo quando il leader serbo chiede di fermare i bombardamenti su Sarajevo; come contropartita Holbrooke ovviamente vuole il disarmo delle armi pesanti da parte delle truppe della VRS. 

Le parti si accordano, è il cinque ottobre 1995. Bill Clinton annuncia la fine delle ostilità. 



Gli accordi di Dayton però devono ancora prendere corpo e non sarà facile mettere d'accordo i contendenti, perennemente in conflitto. Di fronte alla incontestabile perdita di credibilità europea questo "cessate il fuoco" (imposto con la forza e di conseguenza un po' più stabile) americano -- che porta a Sarajevo riscaldamento e luce -- può essere considerato -- magari non vittoria piena -- ma almeno non una catastrofica sconfitta.

Come si vedrà l'accordo non appianerà tutte le problematiche dei Balcani. Il focolaio da dove tutto era cominciato, il Kosovo, tornerà in primo piano con tutto il carico di odio e risentimento tra la etnia albanese e quella serba



I video fanno parte del documentario della BBC The Death of Yugoslavia


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