mercoledì 6 gennaio 2016

Documenti storici Brigate Rosse - Risoluzione della Direzione Strategica N. 2 -

Risoluzione della Direzione Strategica N. 2

"Ciò che per Lenin era il partito bolscevico è, oggi, nelle condizioni create dalle organizzazioni multinazionali del capitale, della struttura internazionale della repressione imperialista all’interno e all’estero, l'organizzazione del CONTROPOTERE PROLETARIO CHE NASCE DALLA GUERRIGLIA.
In questo processo nazionale e internazionale esso si evolve e consolida sino a diventare PARTITO RIVOLUZIONARIO."

R A F


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L’IMPOSTAZIONE OFFENSIVA

Il problema della guerra, dell’attualità della lotta armata intesa come risvolto proletario alla crisi dell’imperialismo e del regime, non è un problema di difesa degli spazi politici minacciati, di difesa della “democrazia”.

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Proprio quest'impostazione richiede il rispetto di tre principi che sono anche dei vantaggi pratici: l’ALTA MOBILITA’, l'AGILITÀ’ DELLE STRUTTURE, la CLANDESTINTA’ COME MODULO ORGANIZZATIVO.


L’ALTA MOBILITA’ va intesa come capacità di mutare continuamente i punti e i fronti d'attacco, in modo da rompere in continuazione l’accerchiamento, non fornire bersagli fissi e obbligare il nemico di classe ad una perenne rincorsa. E vuol dire anche portare attacchi rapidi e continuati, pungere con lo spillo dell’azione guerrigliera il sistema nervoso della borghesia.

L’AGILITA’ delle strutture vuol dire invece che in questa fase della guerra, non bisogna subire il condizionamento delle strutture organizzative pesanti o, per lo meno, che questo condizionamento deve, essere ridotto all’essenziale. E' una legge della guerra di classe nelle metropoli.
Non dobbiamo avere il feticcio delle strutture. Esse sono strumenti che in condizioni d'insicurezza vanno abbandonati, non difesi.

Nella società metropolitana tutto si compra. L’unico problema è il denaro e le conoscenze tecniche per trasformare il denaro in strumentazione rivoluzionaria. Dunque è importante avere una grande capacità di esproprio e un elevato livello di conoscenze tecnico—militari in ogni guerrigliero.

Questo è l’essenziale. Non, possiamo disporre di ”santuari” in cui istallare strutture pesanti, e fino a che non ne avremo non dovremo nemmeno costruirle.

LA CLANDESTINITA’

La questione della clandestinità si è posta nei suoi termini reali solo dopo il 2 maggio 1972. Fino ad allora, impigliati come eravamo, in una situazione di semilegalità, essa era intesa più nei suoi aspetti tattici o difensivi che nella sua portata strategica.

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Nella nostra esperienza si sono date sin dall’inizio due condizioni di militanza clandestina.
La prima condizione è proprio quella di quei compagni che PER SCELTA VOLONTARIA hanno rotto ogni legame con la legalità, con la famiglia, con il lavoro salariato e hanno messo tutte loro energie al servizio della guerra rivoluzionaria. Si tratta dei nuovi rivoluzionari di professione. Questa scelta di clandestinità assoluta, per quanto riguarda la nostra Organizzazione, non coincide con la latitanza imposta dal potere a quei militanti rivoluzionari identificati come responsabili d'iniziative di combattimento e che quindi, se vogliono sfuggire alla galera devono far perdere le loro tracce. La latitanza esprime un rapporto difensivo rispetto al potere. La scelta della clandestinità è al contrario una scelta offensiva.

Inoltre l’Organizzazione indica chi, tra i suoi militanti, deve entrare a far parte del suo apparato assolutamente clandestino. E i criteri che stanno alla base delle sue scelte sono esclusivamente criteri politico-militari, e cioè di maturità ed esperienza del militante candidato.
Ciò non toglie che tutti i militanti dell‘Organizzazione devono avere una disponibilità soggettiva a fare le scelte che l'Organizzazione richiederà loro. Non vi è necessariamente un rapporto gerarchico tra le varie condizioni di clandestinità, ma nel loro insieme le FORZE REGOLARI sono composte da compagni al più alto livello di esperienza che l'Organizzazione disponga.

La seconda condizione di clandestinità è apparentemente meno drastica, ma è solo un'apparenza.
In questo caso il militante conserva la sua identità anagrafica ed il suo ruolo produttivo nella società, rimane nel "movimento" anche fisicamente e dunque appare e si muove all'interno delle forme politiche che il movimento di classe assume alla luce del sole.
Questo secondo tipo di militanza clandestina, da un punto di vista politico è alla base della costruzione dell'articolazione del potere proletario; da un punto di vista militare è a fondamento dello sviluppo delle milizie operaie e popolari.

LA COMPARTIMENTAZIONE

La compartimentazione è una legge generale della guerra rivoluzionaria nelle metropoli. Ed è uno dei principi fondamentali di sicurezza della nostra Organizzazione. La nostra esperienza ha dimostrato abbondantemente che chi trascura questa legge e non l'applica con assoluto rigore è destinato inevitabilmente alla sconfitta ed alla distruzione.

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Quando, per un motivo qualsiasi, la compartimentazione tra strutture "salta", dobbiamo rinnovarle immediatamente.


Marighella: "Dobbiamo evitare che ognuno conosca gli altri e che tutti conoscano tutto, ognuno deve sapere solo ciò che riguarda il suo lavoro”.


Che: “Nessuno, assolutamente nessuno, deve sapere in condizioni di clandestinità, altro che lo strettamente indispensabile, e non si deve mai parlare davanti a nessuno”.

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IL RECLUTAMENTO

Sono le FORZE IRREGOLARI che provvedono al reclutamento di nuovi compagni combattenti. Esse devono dunque svolgere una doppia funzione, d'educazione politico-militare e di filtro, estremamente difficile e pericoloso. Il loro lavoro poi è reso ancora più complesso dal fatto che, a misura in cui la guerriglia cresce il suo prestigio in mezzo al popolo, molti compagni sono disposti a contribuire in mille forme al suo sviluppo anche senza entrare necessariamente negli organismi di combattimento e fare dunque la scelta della clandestinità.

E’ perfettamente logico che esistano diversi livelli d'impegno e diverse possibilità di collaborazione. Ciò non significa fornire gli alibi agli opportunisti, ma sfruttare al massimo tutte le diverse forme d'appoggio disponibili.


Ciò detto, è bene fissare alcuni principi fondamentali:

- Nell’Organizzazione si entra solo dal “basso", qualunque sia la storia del militante candidato. Ciò si rende necessario non solo per questioni di sicurezza e di verifica, ma anche in positivo. Lo "stile di lavoro" della nostra Organizzazione, infatti, ha proprie particolarità e non può essere appreso al di fuori di una pratica di militanza che parte dai lavori apparentemente meno importanti.

- Il giudizio che ogni brigata, in modo collegiale, deve dare prima di proporre un nuovo compagno all’organizzazione deve essere politico, militare e di sicurezza.


POLITICO: vuoi dire che si entra nell’organizzazione a misura in cui se ne conoscono e condividono la linea strategica, il programma politico ed i principi d'organizzazione.

MILITARE: vuol dire che si entra nell’Organizzazione DOPO aver dato prova della propria totale disponibilità alla lotta armata.

SICUREZZA: vuol dire che i nuovi militanti devono essere verificati sull'applicazione delle norme di sicurezza e di comportamento; vuol dire che non devono sussistere zone d’ombra sul loro passato sin dall’origine della loro militanza politica.

FORZE REGOLARI E FORZE IRREGOLARI

Alle due condizioni di clandestinità corrispondono due tipi di forze: le FORZE REGOLARI e le FORZE IRREGOLARI. Entrambe sono essenziali per la nostra esistenza, ma giocano un ruolo diverso.

Le FR sono composte dai quadri più maturi e di maggior esperienza che la lotta armata ha prodotto. Esse sono completamente clandestine e i militanti che le compongono hanno tagliato ogni genere di legame con la legalità.

La nostra esperienza dimostra che senza forze regolari è impossibile creare e edificare basi rivoluzionarie stabili, come le colonne ed i fronti. Le FR hanno dunque un carattere strategico e i loro compiti fondamentali sono definiti dalle esigenze di sopravvivenza e di sviluppo dell'organizzazione delle colonne e dei fronti.


Tra le FR si esercita un controllo reciproco e sistematicamente viene esercitata la pratica della critica e dell’autocritica in organismi collegiali. Collegiali sono anche tutti i centri di direzione. Come dicono i Tupamaros: "Non ci sono vacche sacre. I rischi e le privazioni sono uguali per tutti. I dirigenti devono prendere parte alle azioni. Non vogliamo teorici puri".

I lavori manuali sono distribuiti tra tutti i compagni e si deve fare ogni sforzo al fine di omogeneizzare il livello ideologico. Lo stile di vita d'ogni compagno regolare è improntato alla massima semplicità e austerità.


Le FORZE REGOLARI sono organizzate in brigate.
Anche le FORZE IRREGOLARI hanno un carattere strategico, ma i militanti di queste forze vivono nella legalità. La loro è una clandestinità di organizzazione ma non personale. E’ questa loro collocazione che impone dei limiti alla loro iniziativa e sono questi limiti "oggettivi" che definiscono la differenza con le FR.

Gli operai-partigiani delle FI svolgono però una funzione tanto più decisiva quanto più lo scontro civile è sviluppato. Essi hanno due compiti fondamentali: conquistare all’Organizzazione il più ampio sostegno popolare; costruire gli organismi combattenti di movimento e cioè le articolazioni del potere operaio nella fase attuale.

Dal punto di vista politico non vi è differenza tra i combattenti delle FR e i combattenti delle FI. Entrambi concorrono con parità di diritti e di doveri a far vivere la linea politica generale dell’Organizzazione. Per questo, anche i combattenti delle FI possono essere chiamati a far parte della Direzione Strategica.

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I FRONTI DI COMBATTIMENTO.

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Essi tagliano e percorrono l’Organizzazione verticalmente. Pertanto sono i canali più idonei ad assolvere il compito della centralizzazione del dibattito politico.


I fronti di combattimento in questa fase sono quattro: LOGISTICO; GRANDI FABBRICHE; CONTRORIVOLUZIONE; CARCERI e ANTIGUERRIGLIA.

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LE COLONNE

La nostra scelta di sviluppo dell’Organizzazione per poli, implica da un punto di vista organizzativo un analogo processo di crescita per Colonne.

Esse realizzano uno “sdoppiamento progressivo" dell’Organizzazione. La colonna è dunque un'unità organizzativa globale che riflette, sintetizza e media al suo interno tanto la complessità del polo e delle sue tensioni, che la complessità dell’Organizzazione, la sua impostazione strategica, la sua linea politica.

Dicendo che le colonne sono unità politico militari globali, intendiamo dire che esse devono essere in grado di operare su tutti i fronti all’interno del loro territorio.


Da un punto di vista politico esse si centralizzano attraverso la Direzione Strategica ed i Fronti.

Da un punto di vista militare esse sono autosufficienti e perciò si danno come obiettivi massimi di scontro quello che sono in grado di realizzare autonomamente.

Da un punto di vista organizzativo esse sono indipendenti e compartimentate tra loro. E cioè contano su un proprio apparato logistico in grado di risolvere TUTTI i problemi. Per nessun motivo una colonna deve appoggiarsi su un’altra per la realizzazione dei servizi.

Piuttosto che rompere la compartimentazione o infrangere questo principio è meglio assumere tempi di crescita più lunghi.
Tutte le colonne devono muoversi secondo il principio “contare sulle proprie forze".
La creazione di nuove colonne nello stesso polo o in altri poli, deve sempre avvenire per partenogenesi, ovvero per sdoppiamento progressivo dell'Organizzazione. E cioè i quadri che hanno realizzato un’esperienza complessiva di combattimento e d'organizzazione in una colonna, si dividono e danno origine, unendosi a nuove forze irregolari, ad altre Colonne.
E’ tradizione del movimento rivoluzionario intitolare le sue organizzazioni combattenti agli eroi che con il loro sangue hanno indicato alle masse proletarie quale prezzo ognuno deve essere disposto a pagare per la libertà di tutti, per una società come noi la vogliamo: comunista.

.Questa deve essere anche la nostra tradizione. Così intitoleremo la colonna di Torino alla compagna Margherita Cagol. Da oggi dunque la colonna torinese si chiamerà: “Colonna Margherita Cagol 'Mara'(Torino)".

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LA DIREZIONE STRATEGICA

E’ la massima autorità della nostra Organizzazione.

Essa raccoglie e rappresenta tutte le tensioni e le energie rivoluzionarie maturate nei fronti, nelle colonne e nelle forze irregolari.

Sono gli organi di direzione collegiali delle colonne e dei fronti che eleggono i membri della DS, ma il Comitato Esecutivo può porre il veto su eventuali nomine quando esistano motivi di sicurezza che lo impongano. Le motivazioni d'eventuali esclusioni dovranno, comunque essere rese pubbliche durante l’assemblea. E l’assemblea ha il potere di decidere.

I membri della DS rimangono in carica da una sessione all’altra e possono essere riconfermati o non riconfermati.


Sta al consiglio della DS formulare gli orientamenti generali e di linea politica dell’organizzazione. Gli sono riconosciuti da tutti i membri dell’Organizzazione i seguenti diritti:

- il diritto di emanare leggi e regolamenti rivoluzionari;
- il diritto di applicare correzioni disciplinari nei confronti di quei membri dell’organizzazione che abbiano tenuto un comportamento scorretto o controrivoluzionario;
- il diritto di formulazione, approvazione e revisione del bilancio;
- il diritto ed il potere di modificare le strutture dell’Organizzazione;
il diritto di nominare i membri del Comitato Esecutivo e di chiedere ragione del loro operato.
Il Consiglio potrà essere riunito normalmente due volte l’anno e straordinariamente quando ciò sia richiesto almeno da una Colonna, da un Fronte o dal Comitato Esecutivo.

IL COMITATO ESECUTIVO

Al Comitato Esecutivo spetta il compito di dirigere e coordinare l’attività delle colonne e dei fronti tra un Consiglio e l’altro. 

Esso risponde del suo operato direttamente ed esclusivamente al Consiglio e da questo viene nominato e può essere revocato.

Nel CE devono essere rappresentati i Fronti e le Colonne in modo da consentire un’efficace centralizzazione dell’informazione e una rapida esecuzione delle direttive. Tutte le azioni militari di carattere generale devono essere approvate dal CE.

Tutte le azioni d'esproprio devono essere approvate dal CE.

Per decisioni particolarmente importanti che impegnano l'Organizzazione il CE dovrà consultarsi con i vari membri della DS.


Il CE potrà applicare quelle sanzioni che riterrà più idonee a garantire la disciplina rivoluzionaria.
Al CE spetta la responsabilità dell’amministrazione e del patrimonio dell‘Organizzazione.
Spetta anche al CE la responsabilità politica della stampa d’Organizzazione e dell’emissione di comunicati politici generali.
I membri del CE non devono avere rapporti politici con l’esterno dell‘Organizzazione.

Non devono svolgere azione di reclutamento.

Devono restringere all’indispensabile e tendenzialmente eliminare anche i rapporti con le FI.

Essi partecipano, come tutti gli altri membri dell’Organizzazione, alle azioni militari, d'esproprio e ai lavori manuali.

Fonte www.bibliotecamarxista.org

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